sabato 30 aprile 2016

Lungo una strada conosciuta...

Una po’ di tempo per me. L’idea di andare a fare una passeggiata insieme a Mat. Quella di percorrere una strada conosciuta, ma sempre speciale. Pensieri zero.
Mi accorgo di avere l’attenzione catturata da qualcosa. I rumori intorno. L’originale mescolarsi tra di loro. Mi ritrovo a cercare di carpire l’esistenza - o meno - di un certo ritmo; di una certa sequenza. Il rumore dei miei passi sulla strada sterrata. Il rumore delle sue zampe sullo stesso tragitto. Il rumore del mio respiro, a tratti affaticato. Il rumore del suo, anch’esso spesso più pesante del normale. Il rumore delle foglie mosse dal vento. Quello della sua medaglietta al collo. Tintinnio leggero, ma costante, a testimonianza sonora della sua esuberanza canina. Lo scorrere dell’acqua, in lontananza. Un concerto inedito, unico e irripetibile.
A un certo punto, una curva.
È lì, appena dietro l’angolo. Lo sguardo cattura l’istante e, anche se gli occhi hanno già visto ciò che stanno ammirando, scattano comunque una nuova fotografia per il cuore.
Quel posto sa di essere speciale. Sa di essere emozione pura per molti. Sa che potrebbero essere non frequenti gli incontri, ma non per questo capita di trovarlo non all’altezza delle aspettative.



È un posto paziente. Sa aspettare il momento in cui c’è bisogno di lui, perché l’animo possa rasserenarsi di più. È un luogo immerso in un’atmosfera speciale, che è quasi magia.
Respiro a pieni polmoni. chiudo gli occhi per un istante, prima di riprendere a camminare.
Poco più in là c’è un pezzo di prato. Distesa su una panca di legno, cerco di immortalare una porzione di cielo.


Un nuovo sbuffo di vento. Mi ritrovo a seguire con lo sguardo il volo leggero di qualcosa che non riconosco immediatamente. È il seme di un dandelion; o soffione.
Se escludo le volte in cui li ho liberati in aria con un soffio, dopo aver espresso un desiderio, penso di poter dire che questa sia la prima occasione che ho di incontrarne uno solitario.
Continuo a fissarlo e mi sorprendo a scoprire quanto sia vero, che sembra stia danzando. Il rumore delle foglie mosse dal vento. Quello dell’acqua che scorre. Un seme di dandelion danzante.
A proposito d’acqua, comincia a piovere. Poche gocce, che lasciano traccia immediata di loro sulla pietra. È ora di andare.
Chiedo in silenzio alle nuvole che aspettino ancora un po’, prima di mettersi a piangere per bene.
La strada a ritroso sembra più breve.
A poche decine di metri da casa, mi accorgo di essere stata una sorta di taxi per un piccolo ospite. Un piccolo bruco verde. Chissà cosa l’ha spinto ad aggregarsi. Certo dovrà aspettare di essere farfalla, per poter tornare dov’era. O, forse, non vi tornerà affatto.
Lo lascio libero su un filo d’erba, non prima di aver scattato una fotografia.


Mat si accorge e richiede attenzioni tutte per sé.


Gli prometto di replicare presto momenti come questo, ma adesso è tempo di muoversi.
Sull’asfalto, che rimane in silenzio sotto di noi, a un certo punto incontriamo Pepe.
È uno yorkshire impavido. Si avvicina al naso di Mat e pretende un incontro, occhi negli occhi. Si allontana di nuovo. Abbaia più volte, forse offeso dal fatto di non aver ricevuto chissà quale reazione. Non gli importa la differenza di stazza, né che Mat continui a guardalo con noncuranza evidente. Lui continua ad abbaiare.

Non ci rimane che allontanarci in fretta e riprendere, lesti, il cammino. Pochi passi ancora…

lunedì 25 aprile 2016

"Uno schiocco di dita" di Chiara Pellegrini

Vivere nella stessa, piccola città e non conoscersi. Rimanere sconosciute l’una all’altra, fino a poco tempo fa.
Chiara ed Io. Tre parole che potrebbero essere il titolo perfetto per un racconto, ma che in questo caso vogliono essere preludio ad una sorta di presentazione.
Non è mai cosa semplice scrivere di qualcuno, quando sai che quel qualcuno è adesso parte delle tue amicizie reali. Nonostante ciò, cercherò di farlo nel migliore dei modi.
Considero la nostra amicizia (ancora agli inizi, ma speriamo duratura) un dono speciale, figlio di una passione in comune. Anzi, di due.

Io amo scrivere.
Chiara ama scrivere.
Chiara ama leggere.
Io amo leggere.

Ritrovarsi sedute intorno a un tavolo a parlare di autori, di libri e di idee è quanto di meglio possa esserci per far scorrere velocemente le lancette dell’orologio. Nelle nostre chiacchierate serali, non di rado ci è capitato di accorgerci che… era già domani.
Ci siamo conosciute per caso, grazie ad un amico in comune che ci ha inserite entrambe in una chat di Facebook. Lentamente, è stato l’inizio di un confronto frequente.
Quando Chiara mi ha parlato per la prima volta delle sue parole su carta, non sono riuscita a resistere e ho ordinato subito il libro. Una storia che mi ha catturata sin dalle prime righe. Un colpo di fulmine che non è raro per un lettore, ma che – ogni volta – è come fosse la prima e unica.
Uno schiocco di dita è una storia che trova spazio, luogo e tempo in centoquarantaquattro pagine. Almeno in apparenza.


Nella realtà, Uno schiocco di dita è un piccolo mondo carico di emozioni, in grado di trasportare il lettore per le strade del cuore, lungo percorsi che – quasi sicuramente – tutti conosciamo. Un piccolo, grande universo dal quale, poi, non si vorrebbe uscire più. Forse, non se ne esce più per davvero.
L’ho letto d’un fiato, non perché agevolata dalla sua compattezza. L’ho letto d’un fiato, perché mi sono ritrovata ad avere a che fare con una storia in grado di catturare sino ai massimi livelli. L’ho letto d’un fiato perché, in qualche modo, è stato come essere Marta per un po’. È stato come leggere le pagine di un diario. Come se quel diario fosse il mio. Chiara sa parlare al cuore, sa raccontare al cuore di se stesso.
Scrivo questo post a distanza di tempo dalla lettura del libro, eppure non ho difficoltà a ricordare ciò che è stato. Le emozioni provate.


Scrivo questo post adesso, perché adesso è di prossima uscita un nuovo romanzo di Chiara… mi sento già fremere dalla curiosità! ;-)
Sulle orme di Uno schiocco di dita, anche la nuova storia prova a mettersi in gioco attraverso il concorso indetto dalla pagina web ilmiolibro.it. È già sicuro che, a prescindere dall’esito del concorso, sarà un nuovo successo.
Vi va di sapere di più?
Le domande sono quelle ormai riservate ai post dedicati agli Autori…

Quando hai capito che saresti diventata una scrittrice e come è nata l’idea della storia?
A dire la verità non c'è stato un momento preciso in cui mi sono detta “ecco, finalmente sonno una scrittrice”. Voglio dire che fare la scrittrice credo sia un mestiere come un altro. Capisci di essere un muratore quando inizi a farlo e questo vale per ogni altro mestiere, così presto, fin da ragazzina, ho scoperto che mi piaceva scrivere storie. Poi si, certo, un'iniziazione c'è sempre, quella prima volta in cui dici a te stessa “da grande farò la scrittrice”. Ma da quando l'ho detto ad oggi che mi sono affacciata al mondo della scrittura con il mio primo timido romanzo sono passati quasi vent'anni! Invece per quel che riguarda la storia del mio romanzo, beh, ci si potrebbe scrivere un altro libro, ma basterà dire che dal momento in cui ho fatto la prima stesura (che tra l'altro non era un romanzo ma un brevissimo racconto di un paio di pagine) all'auto pubblicazione sono passati dieci anni. Il cassetto era un rifugio comodo, poi ho capito che le storie sono più vive se incontrano qualcuno che le ascolta...avevo voglia di raccontare qualche atmosfera, dedicare un lavoro al posto in cui sono nata ma non usando il metodo autobiografico, piuttosto ricavando dalla pura invenzione (i protagonisti sono frutto della mia immaginazione) qualche pensiero mio, profondamente mio, radicato nella mia vita. Una storia d'amore, una storia sull'amore, questo volevo raccontare nell'estate del 2001, questo ho provato a tirar fuori in un'estate di tanti anni dopo.

Il commento più bello che hai ricevuto da un lettore…
Ce ne sono tanti, tra cui qualche critica “cattiva” che mi è servita a confrontarmi con me stessa. Ma i pensieri tra i più belli ricevuti  sono alcuni scatti, foto che qualche lettrice mi ha inviato senza  pensieri aggiunti, solo le foto del libro in certe situazioni, come per esempio l'ultimo, arrivato poco fa, con il mio libro sulla tastiera di un pianoforte e vicino, una borsa...m'ha evocato una sensazione speciale che rimane con me. Ogni pensiero che arriva è un dono prezioso.

Consigli che daresti a esordienti?
Di scrivere. Di non avere paura del foglio bianco e di rispettarlo, di rispettarsi. Credo che scrivere oggi sia un percorso complicato come sempre...forse sembra più facile arrivare ad una meta perché di strumenti per farsi leggere e conoscere ce ne sono molti di più rispetto a un secolo fa. Ma io credo che rispettare il foglio bianco e se stessi voglia dire saper aspettare e non la casa editrice o il contratto, ma il momento buono per la storia e per se stessi. Un mio amico mi disse un giorno “fossi anche solo io a leggere la tua storia ne sarà valsa la pena” e il mio amico era molto saggio. Mi sono fidata di lui, non sono una scrittrice, non faccio ancora la scrittrice, ma ho scritto una storia e qualcuno l'ha letta, ho stabilito contatti nuovi. Non è volare basso questo, è rispettarsi. Abbiate rispetto di voi, delle vostre storie, di chi le leggerà.

Libri d’altri… le tue letture preferite?
Il mio libro preferito è “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”di Collodi. E' il primo libro che trovo nella mia memoria. Poi ce ne sono tanti...il genere che preferisco è il romanzo. Amo certi autori intramontabili, Nabokov e la sua “Lolita”, Marquez, leggo tanto, di tutto. Amo i contemporanei, la Mazzantini e Erri De Luca, Valentina D'Urbano che è una giovane autrice che ha già scritto tanto, Carmen Pellegrino...si, mi piace nominare oltre che i grandi di ieri, pure gli autori di oggi, che scrivono il nostro tempo e le visioni che regala. Il libro più speciale che ho incontrato però è “Rayuela. Il gioco del mondo” di Cortazar. Lo consiglio a tutti, perché è un viaggio straordinario e stranissimo. Poi c'è Omero, Iliade e Odissea mi hanno regalato tra le immagini più belle che porto con me.

Il prossimo libro che scriverai parlerà di...?
Questa domanda capita in un giorno in cui è prossima l'uscita del mio secondo libro. Una storia contemporanea a me, nel senso che l'ho scritta fino a gennaio scorso, quindi è una storia di oggi. Un libro nel libro, un racconto nel racconto, epoche diverse, personaggi che richiamano altri personaggi...insomma è un lavoro che io definisco “la mia prima e vera prova del fuoco”. Ha una copertina disegnata da un ragazzo che conosco, un artista della mia città che ho coinvolto in questa mia avventura...anche nel mio primo libro, l'immagine di copertina è di una ragazza, un'artista eugubina. Mi piace dare uno spazio a loro,anche se la mia barca dovesse affondare so che ha avuto una famiglia intorno, e questa la rende già speciale.

Che altro aggiungere?
Vi lascio la descrizione del libro e… i riferimenti alla sua pagina Facebook! Non ve ne pentirete. Parola! :-D <3


“Succede di amarsi, amarsi terribilmente, amarsi in una maniera folle. Succede di tornare ad amare se stessi dopo essersi rinnegati. Succede, dopo un lungo viaggio al buio, di ritrovare l'orizzonte ampio di un cielo limpido. Succede la pace. Succede un silenzio. Succede una notte zeppa di sogni, una notte come questa. Succede ed è meraviglia." In un giorno d'estate, Marta e Luca si ritrovano e nel caldo torrido di una notte in collina tornano a guardarsi. Marta racconta, saltando tra passato e presente, il desiderio di felicità che nutre da sempre e che Luca raccoglie, esaudisce. Il cuore di questo romanzo breve è un incontro, un amore sognato e per questo vivo. Se è accaduto davvero o è solo frutto di immaginazione, non importerà saperlo. Leggendolo, accadrà.

sabato 23 aprile 2016

In un sabato mattina qualunque

Un sabato che comincia e prosegue a rilento. Colpa di un mal di gola che non mi da tregua da ieri sera. Quelle infezioni fastidiose, pur non eccessivamente debilitanti, che si manifestano appena hanno il sentore di fine settimana in avvicinamento. Ho la sensazione che proprio adesso si stia tenendo un rave party di formiche sopra la mia faringe.
Rimango comunque dell’idea di sbrigare l’unica incombenza vera della giornata e, già che ci sono, vorrei passare in  libreria. Oggi è la giornata mondiale del libro.
Sono le dieci quando riesco a tirarmi fuori dal letto e scendere in cucina per la colazione. Il progetto di ritornare a scrivere di mattina presto se ne va a farsi benedire per l’ennesima volta.
Un’ora e venti più tardi sono già in fila all’ufficio postale; un’altra delle cose che sarebbe bene sbrigare prima delle nove.
Prendo il numero riservato ai contocorrentisti. Dovrebbe garantire una velocità di scorrimento maggiore, almeno in teoria. Ma dubito che serviranno meno di trenta minuti per far sì che le undici persone che ho davanti si tolgano di mezzo.
Sono il 51. Stanno servendo il 39.
Un signore entrato subito dopo di me sbuffa, ancor prima di vedere il piazzamento del suo turno, perché l’ufficio è decisamente affollato.
Ok! Pazienza. Se non riesco ad andare in libreria entro la mattinata, vorrà dire che ci tornerò nel pomeriggio. È la giornata mondiale del libro, non si può non acquistare nulla per l’occasione.
Osservo lo scorrimento dei numeri sul grande display appeso al muro, con lo stesso interesse con cui mi ritrovo a leggere le notizie che scorrono su uno schermo tv poco lontano. Dovessero interrogarmi in merito all’una o all’altra cosa, in entrambi i casi non saprei cosa rispondere.
Riesco a ristabilire la giusta attenzione nel momento in cui i numeri sembrano impazzire all’improvviso e saltano in fretta dal 41 al 46. Quei piccoli miracoli inaspettati, che possono accadere all’ufficio postale se qualcuno decide di non poter aspettare più di qualche minuto per poter essere servito. Certo che sei persone che abbandonano il tentativo non sono poche...
Buon per me!
Per me e per la signora seduta più avanti, che un attimo prima già si stava lamentando di dover ancora andare al supermercato a fare la spesa per il pranzo ed ora è davanti all’addetto per poter pagare dei bollettini in scadenza.
Anche la donna seduta accanto non scherza, in quanto a entusiasmo improvvisamente ritrovato.
Stringe in mano due biglietti e ha l’aria di chi sta controllando le estrazioni del lotto alla tv, per vedere se ha vinto.
È un testa a testa tra i numeri dei correntisti e quelli generici per i bollettini. Da una parte il 47, aspettando il 48. Dall’altra il 73, aspettando il 74. Scatta prima il 48.
Sorrido mentre la osservo che si alza in piedi per far capire di esserci e sento le labbra incresparsi ancora di più quando la vedo regalare il suo 74 al ragazzo seduto accanto a lei. Lui stringeva in mano l’85. Quando si dice un colpo di fortuna di massa!
Il 49 è di nuovo mancante. Il 50 è sbrigativo. Arrivato finalmente il mio turno, decido di dare una mano anch’io al prossimo scegliendo di non bloccare la fila per compilare il modulo per un bonifico. L’ultima volta che mi è capitato di doverne fare uno, l’addetto allo sportello ha preferito approfittarne per riposarsi un po’. Scelte.
Il signore dietro di me mi sorride. A mezzogiorno siamo entrambi fuori di lì.
C’è un movimento discreto di gente anche in libreria. Mi piace pensare che siamo lì tutti per la stessa ragione, ma rimane una supposizione non verificata.
Mi piazzo davanti allo scaffale delle novità e rimango a fissare le copertine, fino a che non trovo qualcosa in grado di colpirmi. È strano dover fare i conti con un imbarazzo della scelta che non dipende tanto dal fatto di non trovare qualcosa che sia affine ai gusti, quanto al non sapere a che cosa dare la precedenza.
Leggo la quarta di copertina di tre libri che trovo tutti interessanti e, anche se vorrei stabilire in maniera oculata quale portare fino alla cassa con me, alla fine lascio che sia l’istinto a guidarmi. Una volta tanto…


Un giro per gli altri scaffali, trovo anche ‘lui’...



La prima volta che mi ci sono imbattuta, leggendo commenti entusiasti su Facebook, mi sono trattenuta dall’acquistarlo immediatamente on-line. La seconda volta è stato un faccia a faccia al supermercato. Non l’ho messo nel carrello insieme ai cereali, agli yogurt e ad altre cose, un po’ perché andavo di fretta e un po’ perché… custodivo l’idea di conservare quell’acquisto per un’occasione speciale. Oggi non avevo più scuse per rimandare ancora.
Ho la sensazione che entrambi i libri saranno in grado di regalarmi qualcosa di speciale. Non capita sempre, pur trattandosi di buone letture.
Mentre torno a casa, con i miei acquisti sistemati dentro una busta di carta, mi ritrovo a domandarmi se per caso si trovino bene l’uno accanto all’altro. Il pensiero folle di un secondo, che è però ragione di un nuovo sorriso divertito.
Arrivo al parcheggio sotto un cielo grigio, che più grigio non si può. È una fortuna che il tempo abbia retto, nonostante sia da una settimana che tutti vanno dicendo quanto pioverà questo weekend.
Entro in macchina e mi lascio avvolgere dall’odore di pane fresco. Avevo dimenticato di essere passata al forno, prima di ogni altra cosa.
In fondo alla strada, ferma allo stop, le prime gocce cominciano a colpire il vetro. È il tempo ideale per un pranzo veloce, per una tazza di tè e per una nuova storia da leggere sotto le coperte. Mentre le formiche continuano con il loro rave… ;-)

Alla prossima!

martedì 19 aprile 2016

A chilometri di distanza: "Doversi divorziare"

Ecco che finisce anche qui… la mia prima ‘storia Wattpad’!
Scelgo di fare con il blog quello che alle volte è tipico di alcuni canali Tv… replico; differisco.
In un modo o nell'altro, spero di poter raggiungere il maggior numero di persone possibile. Magari, qualcuno potrebbe incuriosirsi. Magari, a qualcuno potrebbe piacere. Magari, qualcuno potrebbe decidere persino di iscriversi a Wattpad e… chissà! Potrebbe essere divertente…
Lascio qui questa primissima, piccolissima parte. La storia ne conta già quattro, ma ci sarà ancora un bel daffare, prima di riuscire ad arrivare alla fine. Vi va di dare un’occhiata? Magari di dirmi che cosa ne pensate?
Lo lascio qui… alla prossima!  





PARTE 1: 
Doversi divorziare

Trent'anni compiuti il mese scorso.
Un primo giorno di primavera che non mi aspettavo di vivere in maniera tanto triste. Forse sarebbe meglio dire in maniera tanto solitaria; ecco. Escludendo la compagnia dei pensieri. Quelli soliti, quelli deprimenti, che non mancano mai.
Parenti e amici avrebbero voluto poter festeggiare tutti insieme. Sono stata io a rifiutarmi in maniera praticamente categorica e, per la prima volta nella vita, sono riuscita a farmi dare ascolto.
Non si può festeggiare i trent'anni con una torta, con le candeline, con lo spumante e con i palloncini dopo aver deciso di doversi divorziare.
Doversi. Proprio così.
Fosse stato per me, avrei continuato a scegliere quella strada che di solito si percorre, in un matrimonio, andando incontro al tradizionale – forse, oggi nemmeno troppo – finché morte non ci separi. Invece, a separarci ci ha pensato una Bionda.
Pare sia una di quelle cose per cui ci si ritrova costretti a dire che è la vita. Che può capitare e che non ce ne se può fare un cruccio. Non in eterno, almeno.
Sono passati due anni da quando l'ho scoperto, ma per davvero io non mi sarei voluta dare per vinta. È la vita, un corno!
Fosse stato per me, avrei preferito metterci una pietra sopra e provare ad andare avanti. Adesso sono di più dell'idea che avrei anche potuto mettere una pietra sopra alla Bionda, per eliminare il problema alla radice; insomma. Ma è considerato reato e forse il tempo in galera non passa in maniera tanto agevole, rispetto alla vita di fuori.
No. Non sarebbe stato un buon piano. Forse è meglio farsene una ragione e andare avanti.
Allora, ci sto provando. Provo a considerare questo trentesimo compleanno appena trascorso come una sorta di linea di partenza e provo a ridare il via alla mia vita. Tanto per cominciare, ho deciso di cambiare città.

sabato 16 aprile 2016

Post-Presentazione: "Pestilentia" di Stefano Mancini

«Non puoi escluderlo a priori!».
Un concetto che mi sta dando parecchio da fare, ultimamente. Di qualunque cosa si tratti. In ambiti totalmente diversi tra loro. In momenti più o meno frequenti che, non senza difficoltà, riescono ad avere qualcosa in comune.
C’è da dire che… funziona! Alle volte; almeno.
Sta funzionando per i libri.
Provo ad aumentare il numero delle mie ‘letture inusuali’ e, grazie anche a nuove conoscenze fatte tramite il Web (leggi Facebook), provo a non escludere nulla (o quasi!).
Facile?!? Non sempre!
Ne vale la pena? Sicuramente!
Il nuovo libro appena conosciuto, di cui vorrei provare a parlarvi un po’?

Ve lo presento nello stesso modo in cui è stato presentato a me…


La tentazione di averci nulla a che fare all’inizio è stata forte. Poi però, lette le poche pagine di un estratto, non ho permesso che avesse la meglio.
Stefano Mancini ci sa fare.
Il suo è uno di quei libri in grado di catturare l’attenzione sino ai massimi livelli (anche il mio stomaco ne sa qualcosa… :-P). Un mix di generi che è ben dosato e che sa accontentare anche i lettori più esigenti.
Forse perché non è un libro d’esordio, la storia è strutturata in maniera particolare, particolareggiata e affascinante.
Laureato in giornalismo e iscritto all’Ordine dei professionisti dal 2005, Stefano lavora come redattore presso un’importante testata nazionale ed è direttore dell’agenzia “Aragorn servizi editoriali”. Ha pubblicato la trilogia high-fantasy composta dai romanzi Le paludi d’Athakah, Il figlio del drago e Il crepuscolo degli dei (Linee Infinite edizioni, 2013-2015), terza classificata al Premio Cittadella 2016. I suoi altri libri sono: La spada dell’elfo (Runde Taarn edizioni, 2010) e Il labirinto degli inganni (AndreaOppureEditore, 2005).

Vi ho incuriosito almeno un po’?
Immagino si possa fare ancora meglio.

Che ne dite di provare a conoscere Stefano, attraverso l’intervista realizzata da Francesca Pace? Domande e risposte che indagano su Pestilentia e… leggete, leggete!

Perché qualcuno dovrebbe leggere il tuo libro?
Beh, il mio parere potrebbe essere di parte, ma trovo che sia una bellissima storia, con un’ambientazione molto particolare e affascinante, un ritmo serrate e dei personaggi molto ben caratterizzati. Penso sempre che la lettura sia anche evasione dalla realtà quotidiana: il mio nuovo romanzo, dunque, penso possa offrire ai lettori qualche ora di piacevole intrattenimento e perché no, anche trasmettere qualcosa.
Che cosa c’è di innovativo e quali sono gli elementi di continuità con il genere o con la tradizione?
Trovo questo romanzo fortemente innovativo, tanto che sarebbe, anche provandoci, difficile classificarlo in un genere specifico. È un po’ fantasy e un po’ distopico; un po’ storico e un po’ thriller. Ogni elemento, tuttavia, è fuso con gli altri in maniera inestricabile e funzionale, in modo che il risultato sia omogeneo e tutt’altro che confusionario. La commistione credo, anzi, che dia un notevole “quid” in più a tutto il libro. Il lettore che si avvicina a “Pestilentia” non si faccia spaventare dal trovarsi di fronte un libro originale, perché mi sento di assicurare che il risultato è valido sotto ogni punto di vista.

Che cosa ti ha spinto a scrivere?
La spinta per la scrittura viene da molto lontano. Questo è il mio settimo romanzo pubblicato, nonché quello che ritengo il migliore per tutta una serie di ragioni. Scrivo da quando sono bambino e fin da allora sogno di fare lo scrittore. Da un paio d’anni questo sogno si è tramutato – seppure solo in parte –, in realtà e per me sarebbe impossibile immaginare una vita senza scrittura.

Da che cosa è nata la storia? Quali sono state le fonti di ispirazione?
La storia nasce da un’idea ben precisa, quella di raccontare un fantasy innovativo, con tinte gotiche e un po’ dark. Mi piaceva soprattutto l’idea di dargli un’ambientazione estremamente caratterizzata, una di quelle che entrasse nella pelle dei lettori e fosse vissuta quasi alla stregua di un vero e proprio personaggio. Poi, come spesso succede, il testo ha preso una sua strada e io non ho fatto altro che seguirla, inserendo via via nuovi elementi.

Quando scrivi? E come? In modo organizzato e continuo o improvviso e discontinuo?
Mi piace scrivere nel pomeriggio. Trovo quel momento il migliore, con il silenzio che mi circonda e la mente che può librarsi da sola dove vuole. Cerco di essere metodico e di non sgarrare, scrivendo tutti i giorni. Non perché sia un peso o un obbligo, ma anzi per l’esatto opposto: perché per me scrivere è soddisfazione e appagamento e quindi più tempo posso dedicargli, meglio mi sento.

Quali strategie hai adottato per promuovere il tuo libro e che tipo di strumenti hai usato – e usi – per proporlo all'attenzione dei tuoi potenziali lettori?
Avendo ormai una certa esperienza in questo campo, di solito mi affido molto al web. Social network, siti internet e blog sono il canale migliore per farsi conoscere e per far conoscere i propri libri. Ed è quello che faccio, attraverso interviste, recensioni e segnalazioni, proprio come in questo caso.

Progetti per il futuro?
Di sicuro c’è l’uscita di un mio nuovo fantasy, di stampo più classico, a ottobre, con la mia storica casa editrice, la Linee Infinite. Sarà il primo di una nuova saga, che riprenderà la stessa ambientazione già vista nella trilogia composta da Le paludi d’Athakah, Il figlio del drago e Il crepuscolo degli dei.

Tre persone da ringraziare…
Sicuramente il mio editore Astro Edizioni per “Pestilentia”, nella persona del suo direttore editoriale Francesca Costantino. Poi Cristina Pace, che cura la mia pagina Facebook autore con grandissima capacità. E infine i miei lettori, che con il loro sostegno mi spingono a scrivere sempre di più.
Manca ancora qualcosa…


Vi lascio con una breve Sinossi…
Un ragazzo in fuga da qualcosa che non doveva essere liberato. È l’inizio della fine. Quattro secoli dopo, il mondo è un ammasso purulento. Una pestilenza ha spazzato via quasi ogni forma di vita, e il gelo ha stretto nella sua morsa gli ultimi superstiti.
Quando la setta eretica della Mors Atra trafuga la più potente reliquia della Chiesa di Nergal, ultimo faro contro la decadenza, padre Oberon si ribella. E convoca Eckhard, devoto cavaliere della Fratellanza. Ispirato dalla fede, questi darà vita a uno spietato inseguimento sulle tracce della ladra Shree e del suo insolito compagno di viaggio, un eretico appartenente alla razza dei gha’unt.
Perché la reliquia va recuperata a ogni costo. O il suo terribile segreto trascinerà nel baratro la chiesa, condannando il mondo all’oblio.

Al prossimo Post-Presentazione! Chissà che nel frattempo non riesca anch’io a buttare giù qualcosa… Stay Tuned! ;-)

sabato 2 aprile 2016

Pianeta Wattpad: A chilometri di distanza

È da un po’ che ci stavo girando intorno. Sapevo che non sarei  riuscita ad aspettare troppo, prima di provarci anch’io. La storia vive esattamente nella dimensione in cui è presente on-line. Stracciando l’idea di bozze, di appunti vari e di capitoli scritti in anticipo. Fregandosene del fatto che non sia l’unico ‘progetto di parole’ del momento. Quando l’altro giorno l’ho sentita arrivare, in mezzo ad altri pensieri, ho deciso di rischiare insieme a lei. Con lei. Non ci si prepara prima. Non ci si arrovella troppo sul: “Chissà che cosa ne penseranno?”. Si improvvisa. Si va in scena, nel momento stesso in cui si prende forma dentro alla Fantasia. Ci si diverte o, quantomeno, si prova a farlo. Chissà…

Vi lascio il link... 


Cosa ne pensate?
Alla prossima!!!