sabato 21 luglio 2012

L'odore della pioggia

Le lancette dell'orologio, sul comodino, segnavano le sette della sera.
Distesa sopra alle lenzuola lasciate piegate, Sara stava dormendo. Un libro, lasciato aperto fra le mani momentaneamente prive di forza.
Non era da lei addormentarsi in quel modo, soprattutto in un sabato pomeriggio in cui avrebbe potuto fare tutto ciò che durante la settimana, spesso, non le era consentito per via del lavoro.
Prima di cadere in quel riposo che non le aveva chiesto il permesso di arrivare a rapirla, aveva avuto in mente una passeggiata, un rapido giro per negozi in cerca di un maglietta nuova da riservare al pranzo della domenica e un bel cono gelato con tanta, tantissima panna montata sopra.
Certo... anche quello, non sarebbe stato da lei. Sempre attenta all'ago della bilancia e scrupolosissima in ogni sua scelta alimentare. Però...

Un alito di vento entrò piano dalla finestra, l'aria afosa ed il cielo improvvisamente di diverso colore minacciavano l'arrivo imminente della pioggia, ma... Sara non si stava accorgendo di nulla.
Le palpebre chiuse sopra gli occhi si mossero appena, segno evidente che stava sognando qualcosa o che quel riposo le ci voleva proprio.
Non si accorse nemmeno del rumore della porta che si apriva o di quello di passi che, lenti e misurati, si stavano avvicinando a lei. 
Stefano, ancora un po' ansimante per lo sforzo dentro alla tuta da ginnastica, le regalò un sorriso invisibile.
Dio... Come era bella, quando tutto ciò che rappresentava il loro mondo non era presente a turbarla in qualche modo nei pensieri o a costringerla a dover reagire senza rifletterci troppo su, per non perdere i colpi.
Era di una bellezza delicata e prorompente al tempo stesso. Stefano avrebbe voluto allungare una mano verso di lei e prendere a giocare con i capelli. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia e stringerla talmente tanto forte da farle capire che niente, all'infuori di lei, aveva importanza. Avrebbe voluto...

Il rumore sottomesso di un tuono arrivò a distoglierlo da quei pensieri. Aveva rincasato prima proprio perché tutti, fino a quel momento, non avevano fatto che parlare dell'imminente arrivo della pioggia... per le mani di Circe. Per lo meno, lo stravolgimento dei suoi programmi non era andato vano.
Un altro tuono, stavolta leggermente più forte, risuonò di nuovo tra le quattro pareti e - stavolta - gli occhi di Sara non riuscirono proprio a fare a meno di aprirsi.
Uno sguardo appannato al soffitto bianco, tinteggiato di fresco, prima di poggiarsi con gli occhi dentro a quelli brillanti di Stefano.
Avrebbe voluto chiedere da quanto tempo stesse dormendo, ma... analizzando meglio la situazione, era evidente che lui non potesse saperlo.
Allora, cercando di mettersi in piedi senza far girare la testa che sentiva pesante, come ogni volta che le capitava di concedersi al sonno fuori orario, Sara si limitò a sorridere.
La gola riarsa dalla sete le chiedeva di bere il prima possibile, ma... sul momento, anche quello spostamento fino al lavandino del bagno sembrava troppo.
"Amore, mi porteresti un bicchiere d'acqua per favore?".
Stefano non era il tipo da sbuffare, quando gli veniva chiesto qualcosa. Ma, Sara temette comunque di essere inopportuna.
Servì di vederlo tornare con un sorriso raggiante stampato in faccia, prima che il piccolo senso di colpa interiore che continuava a suggerirle che avrebbe potuto fare da sola si zittisse del tutto e la lasciasse dissetarsi in pace.
Una lunga sorsata d'un fiato. "Adesso, va molto meglio grazie".
In due sorrisero di quel niente che, semplicemente, li faceva trovare a stare tanto bene insieme. Poi... sobbalzarono per il rumore di un nuovo tuono.
In quel caso, anche il cielo sembrò non reggere i fremiti e prese a piangere. Presto, la superficie della finestra rimasta in parte chiusa cominciò a coprirsi di piccole, grandi gocce. 
"Hmmm!".
Stefano ringraziò di nuovo fra sé di avere appena fatto in tempo a rincasare. 
"Che ne diresti se ti facessi compagnia?... sembrava un riposo beato, il tuo". Disse poi; portandosi con lo sguardo sulla sua parte di letto ancora vuota.
Sara sorrise. Rimase a guardarlo mentre, sfilandosi gli indumenti bagnati di sudore, rimaneva di fronte a lei coperto solo da un paio di slip neri. E si accoccolò di nuovo sopra il materasso, in attesa di poter essere fra quelle braccia muscolose che ogni volta l'abbracciavano come fosse la prima e sempre l'abbracciavano come mai nessun'altro aveva fatto.
"Che sei bellissimo e che ho paura di non meritarti, te l'ho già detto stamattina?".
A quelle parole, fu Stefano a sorridere... prima di zittirla con un lungo, interminabile bacio.
Sara lasciò che le labbra di lui giocassero un po' con le sue, ancora leggermente secche per la sete. Lasciò accarezzarsi con la lingua, rispondendo a quelle coccole solo quando Stefano sembrava non aspettarsi più una reazione e divertendosi a sentirlo tanto stupito ogni volta.
"Ti Amo". Le labbra di entrambi si mossero appena, in quello che sarebbe dovuto essere il loro gioco speciale del 'vediamo chi lo dice prima' e le voci, sottili, furono seguite subito dal rumore dell'ennesimo boato.
Non era certo per quanto ancora avrebbe continuato a piovere fuori, ma... poco importava. Tutto ciò che Sara e Stefano avrebbero preso in considerazione, sarebbe stato di non muoversi di lì fino a che i loro stomaci affamati non avrebbero protestato, chiedendo attenzioni.
Continuarono a baciarsi con maggiore intensità. Un bacio. Un altro. Un altro.
La stanza sembrava già piena del ritmo dei loro respiri, quando dalla finestra arrivò ad inebriarli l'aspro odore della terra bagnata e quello dei campi di grano già lavorati. 
"Adoro l'odore della pioggia!".
Stefano si scostò appena, per guardare Sara negli occhi. Sapeva già che cosa avrebbe potuto aggiungere, ma... aspettò comunque di sentirglielo dire.
"Anche io... mi ricorda la prima volta che ti ho baciato!".
Sorrisero in due per l'ennesima volta. Immensamente felici.

lunedì 16 luglio 2012

Alessio ed Anna... Un Bacio


“Sì! Devo proprio ammettere che, di tutti gli incontri fatti, questo è stato in assoluto il più interessante”.
C’era voluto un po’, ma alla fine Alessio si era deciso e le aveva rivolto la parola.
Anna non era una bellezza particolare, ma aveva quel non so che… per cui Alessio era rimasto affascinato sin da subito.
Sarà stato per via di quell’aria sempre un po’ fra le nuvole. O per colpa di quegli occhi scuri che, nonostante gli occhiali davanti e l’assenza di trucco ad abbellirli, sapevano stregare.
“Sono d’accordo. Questa lezione dedicata alle opere ed alla vita di Klimt è uno dei motivi per cui ho deciso di prendere parte a questo corso estivo”. Anna sorrise.
Avrebbe voluto aggiungere anche che era intenzionata a cimentarsi presto con il suo stile, ma non lo fece.
Riprendendo a guardare la strada, in silenzio, continuò a macinare passi in direzione del motorino lasciato poco lontano dall’uscita dell’edificio.
Era già alle prese con l’immancabile caccia al tesoro che, ogni volta, doveva intraprendere nella borsa in cerca delle chiavi, quando il fatto che Alessio continuasse a rivolgersi a lei senza alcun imbarazzo la stupì di nuovo.
“Pensi che potremmo uscire stasera, per un gelato?”.
Era da un po’ di tempo che non le capitava di avere un appuntamento. Per questo, esitò.
Servì che gli occhi di lui le sorridessero speranzosi, perché le labbra riuscissero a schiudersi ed a far uscire un flebile: “Certo”.
Un “Sì” gli sarebbe piaciuto certamente di più. Ad ogni modo, Alessio apprezzò la rapidità con cui le aveva risposto ed il fatto di averla vista arrossire leggermente.
“Nove e trenta in piazza… per te va bene?”.
“Perfetto”.
Entrambi non aggiunsero altro. Ognuno per la propria strada, piuttosto, si affrettarono a rincasare e a prepararsi per quell’imminente dopocena fuori programma.
Anna avrebbe voluto evitare il panico tipico di chi si trova di fronte ad un armadio aperto e – nonostante questo sia colmo di possibilità – non sappia cosa scegliere.
Ma… Mentre camminava per raggiungere la piazza, cercando di non far impazzire l’orologio al polso con occhiate cariche di tensione che si distanziavano l’una dall’altra di sessanta secondi a mala pena, dovette ammettere che c’aveva messo più del necessario a scegliere un semplice paio di jeans ed una canottiera nera altrettanto essenziale; sopra la quale si era limitata ad aggiungere una collana colorata dalla perle grosse di legno.
“Ciao, stai benissimo!”.
Alessio doveva essere arrivato in anticipo, perché Anna aveva appena fatto in tempo a svoltare l’angolo che se l’era ritrovato davanti.
Guardandolo nel complesso, le riuscì piuttosto naturale lasciarsi sfuggire un: “Anche tu”.
Se non altro, il rischio di rimanere a fissarsi senza riuscire ad aprire bocca era già stato scongiurato.
Vagliando le possibilità relative al gelato, scelsero presto di incamminarsi verso la parte est della città e – come se tutto l’imbarazzo che ognuno di loro teneva a bada dentro non esistesse -  altrettanto velocemente presero a parlare degli argomenti più disparati.
Non che il corso d’arte non consentisse un giusto confronto tra i partecipanti, ma… un conto era disquisire sugli artisti che – ognuno a proprio modo – avevano lasciato una traccia indelebile sul mondo; tutt’altro paio di maniche era focalizzare l’attenzione unicamente su loro due. Praticamente, due estranei.
Anna si stupì più volte del modo in cui Alessio la osservava, mentre era intenta a rispondere a qualche domanda o mentre era lei a dar voce agli interrogativi che, man mano che la conversazione cresceva, chiedevano di essere soddisfatti.
La profondità di quegli occhi sembrava non esserle nuova, eppure…
Non ricordava di aver mai incrociato lo sguardo di Alessio; tra una parola ed un'altra di Madame Julie; l’eccentrica artista italo-francese che, trasferitasi nella loro stessa città ormai da qualche anno, aveva presto trovato il modo di coinvolgere il Comune e non solo in diversi progetti che riguardavano l’Arte.
“Ci fermiamo qui?”.
In realtà, avevano già oltrepassato un’altra gelateria ed un bar, ma… Alessio aveva preferito continuare a camminare senza interruzioni, consapevole di avere ancora quella possibilità a disposizione.
Quando Anna si ritrovò a fissare l’insegna luminosa della gelateria, lo stomaco si chiuse all’improvviso. “Che ne dici, invece, se continuiamo a camminare?”. Si allontanò di un passo da lui, per nulla intenzionata a cedere su quella prospettiva.
Pochi secondi appena e Alessio le fu accanto: “Come vuoi tu”. Fu tutto ciò che rispose, non riuscendo comunque a negare a sé stesso che… anche il suo stomaco era chiuso.
No.
No. No. No.
Chi voleva prendere in giro?
Il suo stomaco non era chiuso. Il suo stomaco era in subbuglio.
Sorrise, ripensando a quante volte gli fosse già capitato di sentire l’espressione: “farfalle nello stomaco” e ripensando a come, ogni volta, nella sua testa avesse negato la possibilità di ritrovarsi in una situazione del genere.
Almeno, fino a che le farfalle non presero ad avere un nome ed un volto. Quello di Anna.
“Non trovi che sia una serata stupenda? Peccato le macchine… che non danno tregua”.
Era vero. Di quei novanta minuti che avevano già passato insieme, venti – minimo – erano serviti per evitare che uno dei due finisse sotto le ruote di qualche veicolo autorizzato per le zone a traffico limitato.
“Sì… penso… penso…”.
Alessio avrebbe voluto confessare che gli sarebbe sicuramente piaciuto ripetere l’esperienza, una volta che quel primo appuntamento fosse giunto al termine ed il momento dei saluti sarebbe rimasto tutto ciò che avrebbero potuto vivere insieme. Ma… le parole in gola si bloccarono di colpo e tutto ciò che gli riuscì di fare, invece che riprendersi e tentare comunque di sputare il rospo, fu cambiare discorso.
Allora… parlarono di libri, di film, di musica. Di tutto quello che, fino a quel momento, non avevano parlato; preferendo concentrarsi di più sulla loro comune passione per l’Arte.
Lo spazio di altri settanta minuti, sempre a camminare, ed era già domani.
Alessio sorrise tra sé, pensando a quanto sarebbe stato bello poter bloccare le lancette dell’orologio.
Giusto un attimo per quel pensiero, che subito le parole – stavolta – oltrepassarono il confine delle labbra: “Si potesse rimanere in questi sessanta secondi…”.
Gli occhi la stavano accarezzando veramente, come mai avevano fatto con qualcun altro. Anna si sentì arrossire, ma… non evitò quello sguardo.
Senza rispondere, prese a fissarlo a sua volta e – in men che non si dica – lo sguardo si trasformò in un bacio.
Non in un bacio lungo. Non in un bacio sfacciato o prepotente.
Le labbra di lui si appoggiarono appena su quelle di lei; tanto vicine da sentire il respiro caldo prima del contatto.  
Si sfiorarono. Sorrisero all’unisono. Prima di separarsi di nuovo.
“Tutto questo parlare di Klimt, deve avermi ispirato”.
Alessio non sapeva se dover aggiungere o meno delle scuse, per essere stato tanto precipitoso. Ma… anche ammettere che non era sua abitudine comportarsi in quel modo, non avrebbe avuto comunque senso.
Allora… scoppiò a ridere.
Per la prima volta, da quando era in compagnia di Anna, rise di gusto e – nel vederla reagire alla sua allegria, con altrettanta vitalità – la baciò di nuovo.
Il 14 luglio 2012 il mondo intero avrebbe celebrato, appena sorto il sole, i 150 anni dalla nascita di un precursore.
Il 14 luglio 2012, sotto ad un cielo ancora stellato e lontani da qualsiasi altro pensiero, Alessio ed Anna avevano appena creato il loro personalissimo… Bacio.

domenica 1 luglio 2012

In cerca di un sogno...


…La pelle madida di sudore, nonostante la finestra aperta.
Il rumore delle cicale, unico sottofondo a quel riposo forzato… costretto da un caldo assurdo che sembrava non voler consentire il minimo movimento.
Anche pensare costa fatica… gli ingranaggi della mente, ancora poco abituati a quelle temperature, sembrano scricchiolare ad ogni tentativo.
Chiuse gli occhi, sperando di riuscire ad abbandonarsi ad un dolce riposo pomeridiano… almeno nel sogno, forse, sarebbe riuscita a vivere una vita meno bloccata…